02/04/2021
VACCINI E RISCHIO TROMBOSI
I vaccini nella loro generalità, hanno il fine di stimolare il [...]
EVIDENZA DI INFETTIVITA’ DEL CAVO ORALE
Nonostante sia ben conosciuto come le vie respiratorie superiori e i polmoni siano un sito primario per l’infezione da CoV-2, anche altre parti del corpo come i reni, i vasi sanguigni o il sistema digestivo, possono essere infettati a giustificare l’ampio range dei sintomi accusati. Una minore attenzione è stata invece rivolta ad altre manifestazioni quali la alterazione del gusto, la secchezza della bocca o le lesioni della mucosa orale e delle gengive, tutte condizioni che avevano fatto soltanto sospettare che anche i tessuti orali e le ghiandole salivari potessero essere direttamente infettate dal virus ed avere un ruolo nel trasmettere l’infezione ai polmoni e al tratto gastrointestinale.
La cavità orale presenta diversi tipi cellulari, con diversificate funzioni, e bagnati dalla saliva con attività protettiva e lubrificante, oltre alla presenza di numerose cellule immunitarie.
E’ stato ben definito come l’ingresso del virus nelle cellule dell’ospite avviene per la presenza del recettore ACE2 e della proteasi TMPRSS2, entrambi elementi la cui espressione è presente nei tessuti orali, in particolare nelle ghiandole salivari e negli epiteli mucosali, rendendoli particolarmente suscettibili alla infezione virale sia pure con alcune locali differenze di suscettibilità. (Warner BM 2021)
Dati sperimentali hanno mostrato che nella saliva è presente una frazione acellulare, derivante dalla ghiandole infettate e liberanti il virus, ed una frazione cellulare derivante dagli epiteli infettati, entrambe presenti, non solo nei soggetti sintomatici ma anche nella saliva di soggetti asintomatici e pre-sintomatici a dimostrazione della potenziale contagiosità di questi pazienti.
Un accurato studio ha potuto anche appurare che alcuni individui continuano a liberare il virus con la saliva per lunghi periodi (anche più di 2 mesi dopo il primo test di negatività con tampone naso-faringe), inoltre anche i soggetti asintomatici possono continuare a presentare il virus nel naso-faringe, e ancor più nella saliva, per un tempo variabile. E’ pertanto ovvio che un corretto uso di idonee maschere può limitare fortemente la diffusione del virus tramite le goccioline di saliva eliminate con la respirazione.
Un lavoro di Isho B.(2020) ha messo in evidenza come vi sia un rapido decadimento degli anticorpi IgA e IgM nella saliva, verso la proteina Spike e il dominio per il recettore (RBP), mentre sono più stabili le IgG, similmente al siero, fino a 15 settimane dopo l’infezione.
In generale, i dati sperimentali ottenuti portano alla dimostrazione di una localizzazione diversificata del virus, tale da consigliare un prelievo con tampone sia nasofaringeo che salivare in modo da limitare la possibilità di falsi negativi.