02/04/2021
VACCINI E RISCHIO TROMBOSI
I vaccini nella loro generalità, hanno il fine di stimolare il [...]
Recenti studi hanno confermato come una alta carica virale e la risultante intensa risposta infiammatoria, siano elementi centrali alla patogenicità delle infezioni virali, quale conseguenza della abnorme risposta infiammatoria e di una tempesta citokinica considerata responsabile della insorgenza di gravi sintomi clinici come un eccessivo edema polmonare, emorragie alveolari, necrosi tessutali e danni a carico di vari organi quali il cuore e il rene.
E’ pertanto importante, in assenza di terapie antivirali specifiche o di idonei vaccini, ricorrere a terapie supportive che tendano a limitare la patogenicità del virus stesso e, tra queste, sembrano poter avere un ruolo importante quei farmaci che possono limitare i danni della “tempesta” citokinica. In effetti vengono attualmente impiegati farmaci, sia tradizionali che biologici, già usati in terapie su base immunitaria, tra questi un ruolo sicuramente importante può essere rivestito dalla Vitamina D3.
Nonostante la classica funzione della Vitamina D3 sia stata legata alla regolazione della omeostasi fosfo-calcica e del metabolismo osseo, la deficienza di Vitamina D3 è risultata correlata a numerose patologie croniche, a loro volta associate ad una reazione infiammatoria e ad un alterato sistema immune.
A conferma basterebbe considerare che la Vit D (meglio sarebbe dire il suo metabolita attivo 1,25(OH)2D3 o Calcitriolo) ha recettori espressi sia sui nuclei che sulle membrane cellulari di numerosi tessuti e, in particolare, sulla maggioranza delle cellule immuni, incluso i linfociti B e T, monociti, macrofagi, cellule dendritiche. Queste cellule oltre a rispondere al Calcitriolo, possono rispondere anche al primo metabolita della D3 ovvero al 25OHD3 grazie alla presenza dell’enzima responsabile all’interno delle stesse cellule immuni.
Una vasta letteratura illustra la attività della Vit D nel regolare il sistema immune e la capacità del Calcitriolo nell’aumentare la produzione di defensine e catelecidine (CAMP), sia da parte di cellule immuni che da parte di cellule intestinali, polmonari, corneali e di atri tessuti. Ugualmente viene favorita la chemiotassi e l’attività fagocitica.
Numerosi lavori, sia in vitro che clinici, hanno mostrato il ruolo della Vit D nella resistenza verso vari virus così come i meccanismi attraverso i quali si espleta la sua azione sul sistema immune e sulla produzione di citokine e chemokine.
Sotto questo ultimo aspetto è di particolare importanza la inibizione esercitata dalla Vit D sulla proliferazione dei linfociti Th-1 e della produzione di chemochine e citokine proinfiammatorie (TNF-alfa; IL-6 ; IL-2; IL-1……) mentre viene stimolata la espressione di citokine anti-infiammatorie da parte dei Th-2 (IL-4;IL-10..) oltre a polarizzare il sistema immune verso i linfociti Th-2 e la produzione di cellule NKT.
E’ dimostrato come 1,25(OH)2D sia in grado di stimolare l’espressione del fattore IkB che esercita azione inibitoria sulla attivazione del fattore NFkB e la sua traslazione al nucleo con espressione di citokine pro-infiammatorie. Tra quest’ultime può essere importante ricordare come la citokina IL-6 sia stata recentemente messa in relazione con alcuni aspetti della patogenicità del COVID19 così come dell’innalzamento febbrile.
Si deve comunque osservare che una grave infezione virale stimola le cellule immuni a secernere anche altre citokine e la PGE2 e che la IL-6 agisce a valle della IL-1, rimarcando l’importanza di inibire tutta la “tempesta citokinica”.
Un altro aspetto sulla potenziale attività antivirale della Vit D è dovuto alla capacità di stimolare l’espressione, nei monociti e macrofagi) di recettori (TLRs) in grado di riconoscere vari antigeni quali proteine virali e acidi nucleici.
Tuttavia, nonostante le numerose prove sperimentali a documento di un intervento della Vit D nel favorire una azione antibatterica e anti-virale, non si può tacere come alcuni lavori clinici sugli effetti di un supplemento vitaminico D, in corso di patologie respiratorie su base virale, abbiano fornito risultati talora contrastanti anche se vi sono evidenze che supportano un ruolo della Vitamina D nelle infezioni del tratto respiratorio.
Vari studi hanno evidenziato come il rischio di infezioni respiratorie è maggiore in presenza di bassi livelli di 25OHD e particolarmente in soggetti con COPD o asma od altre concomitanti patologie croniche.
Recenti lavori hanno mostrato come le cellule dell’epitelio polmonare esprimano gli enzimi che possono trasformare, non solo il 25OHD, ma anche la Vitamina D nella sua forma attiva, favorendo così la presenza di recettori virali e riducendo l’espressione di citokine.
E’ tuttavia importante sottolineare che i dosaggi di Vit D, usualmente impiegati nel trattamento di patologie ossee, non sono ritenuti adeguati per prevenire o modulare patologie croniche o respiratorie indotte da virus. Per quest’ultime indicazioni sono ritenuti necessari livelli plasmatici superiori a 50-60 ng/ml per ottenere riduzione della gravità di alcune patologie respiratorie. E’ possibile che i risultati clinici contrastanti, sopra accennati, siano conseguenza di bassi livelli di 25OHD raggiunti e pertanto non sufficienti ad espletare un effetto positivo.
E’ importante considerare come nel periodo invernale, in Italia, i livelli di 25OHD siano usualmente assai bassi e certamente non ai livelli richiesti per gravi patologie.
Basterebbe a questo fine considerare uno studio fatto in Cina su soggetti affetti da COVID19 e con polmonite, rispetto pazienti positivi ma senza polmonite. I primi avevano 25OHD di 9+-2 ng/ml rispetto i secondi con 25OHD di 14+- 4 ng/ml. Cosa analoga è stata riscontrata per molte altre patologie croniche che si sono mostrate concausa nel danno da COVID19.
E’ opinione diffusa in ambito scientifico che un supplemento di vitamina D, idoneo a innalzare i valori di 25OHD oltre 50-60 ng/ml, possa aiutare a ridurre la severità di patologie respiratorie virali.
E’ altresì considerato importante che durante la attuale epidemia da COVID19 tutte le persone in ospedale, i pazienti e tutto lo staff, incluso i soggetti in quarantena, debbano assumere idonei supplementi di Vitamina D e, possibilmente, ogni giorno anche a dosaggi iniziali importanti per poi ridurre la posologia fino al raggiungimento e mantenimento di adeguati livelli di 25OHD. Inoltre è opinione che la Vitamina D sia preferibile al metabolita attivo 1,25(OH)2D sia per la più prolungata emivita plasmatica sia per la sicurezza di impiego.
E’ evidente che non è possibile stabilire una posologia valida per tutti i casi ma questa dovrà essere valutata singolarmente con controlli periodici anche per evitare di raggiungere livelli di 25OHD potenzialmente tossici.
“Per quanto concerne questo ultimo aspetto non vi sono dati precisi che indichino un limite netto, nei valori di 25OHD, oltre il quale si verifichino fenomeni di tossicità e questo a causa delle numerose variabili legate alle condizioni del singolo soggetto. Tuttavia, specie nel caso di pazienti compromessi, non si dovrebbero superare valori prudenziali di 80-100 ng/ml. “
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